Credo che ognuno di noi nella propria vita abbia incontrato o subito almeno una volta quel genere di persone particolari presenti in tutti i meridiani del globo, che per caso o genetica ritengono che il loro posto naturale sia sempre e comunque prima del tuo.
A volte noi stessi abbiamo certe presunzioni che nascono dal nostro dare tutto per scontato.
Ma di scontato non vi è quasi nulla e dovremmo tutti fare più attenzione a qualcuno che ci somiglia anche se sconosciuto, a qualcuno che dovrebbe ricordarci qualcosa quando ce ne dimentichiamo, a qualcuno che per quanto lontano da noi prima o poi ci troveremo vicino, si chiama “Rispetto” .
Troppo ego, troppo io voglio, io credo finiscono per calpestare e travolgere gli altri usurpandone vite, riempiendone abusivamente i momenti più belli.
Non ci vorrebbe poi tanto, basterebbe avere quel po’ di considerazione per capire quando fermarci, quando frenare la nostra lingua, o arrestare la smania di apparire a tutti i costi nell’inquadratura dei ricordi più cari degli altri.
SECONDO TE
Sono dentro l’ascensore del grattacielo dove si trova il supermercato dove lavoro, circondato da tutta la gente che si trova con me in quell’esile spazio, e che stretta fino al punto di respirare l’ossigeno dell’altro, ad un bacio dagli altri, rispetta un imbarazzante silenzio ed un’assurda compressione in un minimo spazio vitale.
Ma io non sono solo dentro a quell’ascensore e a quel silenzio di occhi spersi alla ricerca di un punto del vuoto dove raccogliere se stessi, così da non dover guardare nessuno. Sono ancora prima che nell’ascensore, dentro un mio sogno, e sto per ricevere chiuso dentro il mio frak il mio meritatissimo premio, l’Oscar alla carriera.
Ecco! Sento pronunciare il mio nome, mi alzo dal tavolo, mi abbottono il frak con un sorriso di finta sorpresa da circostanza, e mi accingo a salire le scale, quando vedo che un altro dall’altra parte della sala ha già salito le scale e riceve il mio premio iniziando il suo discorso. Vedo un altro che inizia il mio discorso di ringraziamento. Ma che cazzo!! Ahha! Ho capito chi è. Adesso ho capito.
È lui, uno di loro. Uno di quelli che mi sono trovato sempre accanto per tutto il corso della mia vita. Uno di quelli che ha sabotato sempre i miei sogni, le mie aspettative, il mio semplice esserci.
Uno di loro che è ovunque a dispetto dei meridiani terrestri e delle epoche.
Uno di quelli che ha sempre calpestato la mia umiltà e il mio credere nel principio dell’importante è partecipare.
Lui uno dei cosiddetti “Primi”. Uno di quelli che ho sempre mal sopportato, ma che per indole o bontà non ho mai cacciato via, neanche quando se lo meritavano da morire, o mi innervosivano da star male.
Uno di quelli che come quell’altro, era arrivato quel secondo prima di me per farmi sentire inutile attraverso la sua celebrazione. Uno di quelli che è primo e così, perché ce l’ha nel destino, nel DNA di primeggiare a qualunque costo. Fin dal tempo della culla accanto alla tua, già piange per primo.
Ed allora ho deciso che almeno nel sogno, essendo mio questo sogno, avrei fatto quello che nella mia vita non ho mai voluto fare.
Così sono salito sul palco, gli ho strappato il microfono, l’ho spintonato in dietro ed ho iniziato il mio discorso che dopo quell’accaduto era cambiato e faceva così:
“Un grazie a tutti, proprio a tutti, ma Prima di tutti voglio ringraziare alcuni, che indipendentemente dal luogo o dalla situazione, sono sempre stati presenti per tutta la mia vita ed inevitabilmente mi sono trovato affianco. Grazie a questi insopportabili esseri, i Primi, che sono sempre dopati da concorrenza e competizione, e mi hanno avvelenato l’esistenza, e per questo li voglio ringraziare:
Grazie a coloro che pensano per Primi, a coloro che Prima ancora di parlare sono Primi, a coloro che ridono per Primi, a coloro che hanno scoperto per Primi, a coloro che quando vincono, proprio sul traguardo, prima di tagliarlo girano la testa di un tanto per dirti che sei arrivato solo secondo.
A coloro che dello studio hanno fatto il loro Primo sentimento, a coloro che per Primi hanno fatto dei sentimenti un semplice argomento.
A coloro che Prima di tutto ti hanno catalogato, a coloro che ti hanno messo Primo nella loro lista,
A coloro che prima di cucinare hanno un Primo in testa, a coloro che intanto lo hanno fatto per Primi, dicendoti: “Sai non si sa mai”.
Grazie ai Primari,
A coloro che parlando per Primi pensano di poter primeggiare, a coloro che hanno vissuto per i Primati.
Grazie a coloro che hanno vissuto Prima di te, a coloro che per Primi lo hanno fatto per te.. AAh grazie!
A coloro che lo sapevano Prima e che ti dicono subito dopo “Ma io te lo avevo già detto Prima”..
Grazie ma veramente grazie a coloro che ti dicono Prima ancora che tu abbia finito di parlare: “Sì..ssì..lo so, lo so”. Ma sì lo so cosa? Se ancora non ho detto niente!
A coloro che per Primi hanno avvelenato il romanticismo, dicendoti che Prima vengono altre cose più importanti. Grazie a coloro che per tutta la tua vita per il tuo compleanno, hanno spento le candeline della tua torta Prima di te. Grazie a coloro che essendo tu diverso, per Prima cosa ti hanno rinchiuso.
A coloro che mentre piangi a dirotto, Prima di tutto hanno pensato di darti un fazzoletto.
Grazie anche a coloro che per Prima difesa hanno l’attacco.
Ma forse anzi sicuramente non sarò stato il solo a pensare quello che ho appena scritto, ma di una cosa sono certo, che sicuramente non sarò stato il primo. Ed infine chiudendo, un dubbio mi sfiora.
Mi chiedo se le scimmie abbiano capito quale era il grosso rischio, il pericolo di essere nostri complici proprio quando per Primi per la Prima volta, li abbiamo chiamati Primati, e quindi per questo abbiano deciso di fermarsi nel loro sviluppo evolutivo.
Per questo ogni volta che una scimmia mi guarda ho come l’impressione, e mi riferisco alla Prima impressione, che rida di me e che dica.. vai Bello! Vai tu per Primo. Vai, vai per Primo!
Ehhhhhhhh! Ovazione! Mi inchino, mano sul petto.. grande commozione, Applausi!! Tutti in piedi.
Tratto dal libro, Juan Tra i suoi Pensieri,
Foto in evidenza” Ancora un primo non lo mando giù” di Conce G. Scardaci
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