Che ne sanno?
Che?
No, Juan pensavo ad alta voce, dicevo che ne sanno? Oggi volevo uscire, volevo andare ma non ho potuto farlo, ma ci pensi. Sono chiuso a casa da un bel po’, sì esco per carità, ma mi piacerebbe ogni tanto farlo in maniera diversa, un po’ per conto mio no?! D’altronde chi è che non ha la necessità di stare un po’ per i fatti suoi. Credimi Juan a volte mi stanco! mi stanca tutto questo, sento un peso enorme dentro che mi schiaccia.
Immagino Ale, credo che ti senta esplodere no?
No, Juan magari, invece può sembrarti assurdo ma purtroppo è proprio il contrario mi sento implodere all’interno. E lo sai cosa mi dispiace, cosa mi viene di dire a volte? anzi no, con te che riesci a sentirmi voglio essere onesto, mi viene di dirlo tutti i santi giorni: ma che ne sanno loro?
Va bo Ale ti lascio, devo andare a trovare un’amica che ha problemi con la mamma, ci vediamo.E certo Juan figurati e qui siamo dove dobbiamo andare.
Posso parlare con voi che leggete adesso un po’ più liberamente, non mi andava di farlo davanti ad Ale. Sapete lui vive nel mio palazzo credo da un sacco, e vi devo dire che è stata una sorpresa per me scoprirlo, perché per 20’anni non l’ho mai salutato. MAI!
Voi direte magari per orgoglio o antipatia. No, è diverso.
È che non lo calcolavo molto, pur essendo un fisionomista per natura.
Ho sempre salutato sua madre, suo padre a volte le sue sorelle, ma lui mai. Poi un giorno 15 anni fa ero in Australia mi trovavo dall’altra parte del mondo, sì voglio usare proprio questa espressione “dall’altra parte del nostro mondo”, ed una notte come tante altre senza alcun motivo cominciai a piangere, vi giuro che è andata così. Mi si accese una luce e provai un senso di vergogna che mi straziava il cuore e stringeva le corde vocali.
Realizzai di non aver mai salutato Ale, perché avendo lui la tetraparesi spastica e vivendo da sempre su una sedia inarcato su se stesso, con la bava che colava sui pantaloni facendo solo versi, credevo che non capisse.
Invece lui più civile di me, più colto di me perché più puro nell’anima quella notte venne a trovarmi dall’altra parte del mondo, loro sono prigionieri nel corpo ma possono volare con l’anima, e mi chiese il perché io in 25 anni non gli avessi mai dedicato un gesto, un semplice saluto che lo avrebbe fatto sentire presente. Chiese alla mia coscienza: ma ti è mai venuto almeno una volta il dubbio: “E se per caso questo spastico invece capisce e sente?”
Chiese anche se fossi cieco, diceva ironicamente di avere avuto questo dubbio per non ritenermi un coglione insensibile a prescindere, e che aveva coltivato questa speranza perché non riteneva comunque di meritare da parte mia questa totale mancanza di sensibilità.
Mi mostrò il mondo di chi vive differentemente, di chi vive bloccato da una malattia o in un coma immobile fuori ma dal continuo movimento interno, segnalandomi l’errore che si fa nel credere che non si senta. Invece ora e da allora, grazie a lui, vedo e come, e posso parlare con loro e con lui perché riesco a sentirli in altro modo.
Eccolo di nuovo nell’androne del palazzo: Oi Ale mua! bacio, e allora ancora qua sei?
Oi Juan sei tornato, jjaa e dove devo andare io?
E allora che mi dici?
Juan che ti dico, mi chiedo se lo sanno?
Ma chi e cosa devono sapere Ale?
Loro Juan , loro!
Sono come un neonato che non cresce con pannoloni cacca puzza e pipì tutti i giorni! Ti hanno mai pulito il sedere a 33 anni, Juan ?
No! Per fortuna no, Ale!
Ecco non te lo auguro. E poi mica i neonati hanno la barba che cresce come la mia, hai mai fatto la barba ad uno spastico che si muove in continuazione? sai che nervi?
Cosa si prova? te lo spiego io, prova ad immaginare di farti la barba sulle montagne russe, solo che in queste montagne non ci sono salito io volontariamente e non mi diverto per niente. E ti piacciono gli acquari? Ebbene il corpo di quelli come me è come essere dentro un acquario, vi vediamo passare e spassare ogni giorno, sbattiamo le mani sul vetro ci guardate ma non ci sentite.
Che ne sanno Juan ? E le sbarre del letto, ne vogliamo parlare, Juan, delle sbarre senza neanche aver rubato una caramella?
Che ne sanno loro?
Essere portati di peso su e giù ogni giorno, ogni notte, ogni momento, come un pacco che pesa, un pacco strano però, perché viene sempre portato a destinazione ma che non ci rimane mai e fa sempre avanti ed indietro, ed il peso negli anni si accumula e pesa sempre un po’ di più.
Che ne sanno loro?
Ed il dover mangiare? ma non dovrebbe essere un piacere? Vi sento gridare a voi dell’altro mondo che è bellissimo. Beh! Per me non è così, perché mi sbavo, cazzo, ed il bavaglino non basta mai, ci vorrebbero lenzuola caro juan, e quindi mi sporco ed io Odio quando mi sporco, e non controllando questa trappola di corpo ogni volta si combina un casino. Non ti sto dicendo che non mi piace mangiare eh, sia ben chiaro, anche se vivo qui da questa parte sono proprio come tutti voi, mi riferisco ad altro.
E a cosa ti riferisci allora Ale?
Juan al momento del cibo, che per molti come me diventa il momento del pasto, divento io il pasto, un pasto indigesto per gli occhi di chi mi incrocia per strada, sono come un boccone amaro capisci!
Che ne sanno Juan , che ne sanno loro?
Vivere in un limbo, dove la normalità e la serenità non si sono mai presentate e l’assurdità di tutto questo in loro assenza finge di non essere un’eccezione come per gli altri, e che tutto sia normale.
“Buon giorno, Buon pomeriggio, Buona sera” ma qui in questa parte del mondo “il buon” ha uno strano sapore, un pessimo gusto, si veste male, e spesso devi cercarlo perché non si conserva nel frigorifero, ma in un silenzio dolorifico. Qui dove vivo io il sole a volte sembra prenderti in giro Juan , sì, ti prende per il culo, è come un’alba che rimane tale, incantata, in cui il sole spunta tu aspetti ma non sale mai, dunque non cambia e non ti riscalda, tutto rimane fermo, dimmi dove sta il bello?!
Che ne sanno Juan !? Loro che ne sanno?
Ale le altre persone non lo sanno è vero, ma capisci bene che non è facile, o meglio dovrebbe essere semplice da capire, ma spesso finché le cose non ti capitano non è facile comprenderle.
Ho una mia amica che ha la madre malata, e questa povera non la riconosce più, è violenta, aggressiva, grida, e poi invece in altri momenti diventa la mamma di sempre, come era, dolce e amabile. Le ha provate tutte e a volte cade in uno sconforto assoluto, perché non vede vie d’uscita e si chiede il perché di tutto ciò. Pensi che sia cattiva la mia amica a pensare a volte che sia tutto inutile? Pensi che sia facile stare dall’altra parte del mondo, come dici tu, da questa parte nostra e non sapere se chi aiutiamo almeno ci capisce?
o sia facile fingere che il pomeriggio sia come sempre, quando si è appena stati aggrediti a schiaffi e unghiate violentemente dalla propria madre? O vederla in silenzio catatonico a guardare il nulla senza rispondere, trovandoti solo con il tuo sconforto a chiederti cosa stai facendo lì, a cosa serva, o che è meglio che muoia. Credi che sia facile Ale sentirsi soli in una stanza pur essendo in due, avendo davanti una persona di carne ma con occhi di vetro e milioni di ricordi che parlano e gridano per entrambi?
Hai molte ragioni Ale anzi forse tutte, ma ti prego di non essere arrabbiato con tutte le persone, neanche io ti capivo, e credimi non lo facevo apposta.
Juan non hai capito un emerito cazzo!
Come non ho capito Ale?
Non hai capito niente! voi dell’altra parte del mondo guardate i panni degli altri ma non ve li mettete mai! Vedete tutta la vita come fosse una partita di tennis, la palla va da questa parte o nel campo dell’altro, povero questo o poverino quell’altro. Noi invece a differenza vostra pensiamo alle due parti del campo come un’unica partita.
Quando dico: “Loro che ne sanno” non mi riferisco alle altre persone, alla gente o agli estranei!
E a chi allora Ale?
Juan proprio alla mia famiglia, non capisci, ai miei stupendi familiari. “Che ne sanno loro!” È il mio dubbio, perché mi chiedo se i miei genitori sappiano come li apprezzi per tutto quello che fanno per me.
Che ne sanno le mie sorelle che più piccole e giovani dovrebbero vivere spensierate, e che non lo sono mai state veramente, di come io vedendole da qui dentro soffra per loro, per averle viste vivere la normalità a doppia corsia di marcia, essendo io un fratello anormale per gli altri, e per loro a casa quotidiano e normale.
Che ne sanno Juan di come soffra per loro, e di come ringrazi Dio per avermeli donati!
Che ne sanno di come sia felice per il loro essermi instancabilmente accanto ogni santo giorno.
L’intera vita dedicata a me che non posso aiutare in niente o neanche dirgli chiaramente con la loro lingua: Grazie! Grazie per tutto, infinite grazie, che Dio ve lo renda. Che ne sanno loro Juan !?
Che ne sanno di quanto soffra per il loro sentirsi isolati e non capiti, spesso a parte ed emarginati, o una minoranza sfortunata, o abbandonati ed assediati dalla burocrazia e dalle leggi che assurdamente sembrano accanirsi contro, perché se le minoranze non fanno rumore, i minorati psico/fisici non esistono proprio.
Juan chi assiste qualcuno malato o sofferente è speciale e va benedetto, perché non è uno che ha la vita rovinata, ma piuttosto uno che ne ha una in più degli altri.
Deve sempre pensare per due, deve respirare due volte una per sé ed una per il caro che assiste, ed è un prodigio perché lui pur senza soffocare prova questa sensazione quando sta soffocando l’altro, deve mangiare per due e anche quando non ha fame, deve fare i bisogni non 6 ma 12 volte al giorno e la può trattenere solo metà delle volte, sente due qualità di dolore il suo e l’impotenza per quello dell’altro e se già per te trovare un posto e parcheggiare è un casino, per loro diventa una strategia militare da pianificare. Capisci adesso?! E a loro che mi riferisco Juan !
E a loro che mi riferisco quando dico: Che ne sanno!?
Che ne sanno loro di come io gridi continuamente dall’altra parte del mondo,
quanto da qui dentro infinitamente li ami e straveda per loro..
grazie grazie di tutto che Dio ve lo renda!
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