Oggi voglio parlare dell’uominificio di quello che accade intorno a noi, di questo egoismo che impera, e di come occorra tornare alla semplicità alle sequenze più giuste. Quest’uomo moderno, contemporaneo è ancora troppo legato a degli istinti primitivi. Basti vedere le fughe da Milano per paura, le risse nei supermercati parigini per l’accaparramento di un prodotto. L’ uominificio dunque non sforna più forme di pane, piuttosto forma uomini facilmente corruttibili dai loro bisogni, desideri. Io invece vorrei ricordare che il pane come la conoscenza nascono per essere condivisi.
L’uomo moderno invece confonde se stesso con le cose che ha, con umori così tanto imbevuti di desiderio da scambiarli con la felicità, e mi ricorda colui il quale è bloccato da anni nella stessa rotatoria e gira e gira ma non riesce a capire dove andare quale strada imboccare, e usa dei pensieri, per me osceni, ma vestiti da filosofi per poter accaparrare quante più cose possibili, così da sentirsi adeguato e migliore in base alle cose che ha, e quando viene chiuso a casa perché vi è un’epidemia non sa più che fare, diventa povero e improvvisamente nascono i problemi.
La cosa più grave è che continua a parlare di libertà, di una condizione di prigionia quando invece non ha capito che questa situazione terribile che dobbiamo superare al più presto, è comunque una grande occasione di riflessione, è una lezione, una classe, e non sto dicendo che il virus sia una cosa buona anzi spero finisca stasera stesso, ma sto dicendo visto che siamo a casa dobbiamo imparare, è un momento per riflettere su come viviamo e chi siamo realmente, sul cosa faremo dopo tutto questo.
Dobbiamo capire di cosa stiamo veramente parlando, noi parliamo di libertà attraverso delle prigioni, delle sbarre emotive, dei pensieri volubili un giorno credo di volere, un altro voglio desiderare, quello seguente ritengo di essere. Crediamo ogni giorno di sentirci più completi possibili attraverso l’avere tutto quello che vogliamo, tutto quello che desideriamo, confondiamo la quantità di cose da provare con la bellezza di alcune di esse, come anche il riflettere a casa, che ciò già da solo in questa situazione basterebbe a completarci.
Abbiamo perso il gusto della semplicità di ogni cosa perché abbiamo confuso i sentimenti con le esperienze sensoriali, come il dover andare al parco per stare bene, o il dover correre per sentirci in forma, anche con un ‘emergenza da contagio.. noi dobbiamo correre.
Ci siamo sostituiti a Dio e consideriamo le nostre esperienze negative e positive come fossero l’unico mondo esistente, tutto l’amore che c’è, tutta la sofferenza che c’è, tutta la gioia che c’è, e invece di crescere condanniamo e cancelliamo le nostre esperienze negative, con il dolore possibile che potrebbero ricordarci, come vogliamo noi. Come se tutti i sentimenti fossero un pacchetto, un menu confezionato, preconfezionato che poi invece nel tempo diventano profonde emorragie, cicatrici, blocchi conservati nell’intimo come fosse un garage dove accumularli e conservarli.
Io critico la “Non ragione pura” di questo smodato considerare la semplicità che stiamo vivendo adesso come povertà, e la spasmodica ricerca di appagamento sensoriale come vera ricchezza, dove se non vi è per un periodo limitato la possibilità di fare lo shopping, lo sport o uscire e fare tutto quello che ci piace, non è più vita, e cominciamo a barattare il tempo da dedicare alle nostre anime ingozzando le menti, ostruendole con questo stato di angosciante presunta prigionia.
La verità è che usiamo il nostro essere come fosse uno di quei buffet dove riempiamo il nostro piatto di vita con cose che non ci servono, che non vogliamo, di cui non conosciamo neanche il sapore ma che mettiamo lì nel tentativo di abbondare, di abbuffarci per non perderci niente e non sentirci poi inadeguati, isolati o stupidi rispetto agli altri che invece hanno riempito e accumulato tutto, più di tutto, e di tutti, fosse anche una sola sensazione.
Ingozzarsi serve spesso a dimenticare, che potremmo avere molto più del cibo e delle cose che divoriamo senza ricercarne il vero gusto, l’essenza, continuiamo a parlare di libertà e di tornare a essere tranquilli, ma lo facciamo riempiendo le giornate con cose e con l’angoscia delle esperienze sensoriali che ci mancano, piuttosto che con le essenza e i valori che siamo.
Il nostro senso di ricchezza, quando viviamo normalmente fuori da questo stato di costrizione, è un pusher che spaccia sensazioni di completezza, ma una volta costretti sda soli a casa come adesso, ci mostra uno specchio dove appariamo terribilmente poveri, carenti e continuamente appetenti.
I Minuti dell’audio nel audio/video riproducono la riflessione dell’articolo a voce alta, perché abbiano accesso all’ascolto i ciechi, a chi lavorando non ha tempo o chi preferisce ascoltare, e quelli tra noi che pur avendo la vista sono diventati i veri Non Vedenti.
Buon ascolto o buona lettura come preferite.
Foto in evidenza tratta da un documentario francese.
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